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Venezia è una città unica che nel corso della sua storia ha posto a costruttori e pianificatori problemi urbanistici del tutto peculiari. Non fa eccezione il sistema fognario. A Venezia, nel XII secolo, solo le grandi unità residenziali disponevano di gabinetti privati, i più dovevano utilizzare latrine comunitarie. Queste, in generale installate in prossimità di un "rio", faceva parte delle attrezzature indispensabili, come le canalizzazioni che, dalle grondaie dei tetti, alimentavano di acqua potabile i pozzi dove si approvvigionavano gli abitanti della casa. Di solito fuori dagli edifici veneziani vi erano due gruppi di latrine, una per i proprietari e una per gli abitanti delle case da essi dipendenti. Gli scarichi finivano direttamente in acqua, trasformando certi stretti canali in vere e proprie coache a cielo aperto, chiamate "rio delle latrine". Col tempo, l’aumento del numero delle latrine inizia a causare seri problemi di igiene pubblica e viene interdetto lo sbocco diretto di queste condotte sulla "via pubblica". Iniziano pertanto ad essere costruite delle vere fognature. Nel 1315 un nuovo editto stabilisce che queste debbano raggiungere una fossa coperta, ma pochi proprietari si adeguano. Il susseguirsi degli editti e delle pene minacciate dimostra come la cittadinanza cercasse in ogni modo di aggirare la legge. Ancora nel XV secolo le acque nere vengono spesso gettate nei canali e i Consigli deplorano il loro flusso pernicioso che accresce la "corruzione dell'aria", a danno della salute urbana. Finalmente, alla fine del '400, tutta la città viene dotata di un sistema di condotte, collettori e fosse.
Aperto dal 1 aprile al 30 novembre, da venerdì a domenica dalle 15:00 alle 18:00
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